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martedì 21 maggio 2019

I radicali liberi colpiscono il Dna delle cellule trasformandole in cellule tumorali

I radicali liberi colpiscono il Dna delle cellule trasformandole in cellule tumorali

i radicali liberi colpiscono il dna delle cellule trasformandole in cellule tumoraliUna delle diagnosi più nefaste che ci si può attendere superati i 40 anni di vita è quella di essere affetti da un tumore. Oltre ad avere avuto esperienze dirette con amici o parenti, ognuno di noi sa, che solo il 45% delle persone colpite dal tumore, riesce a guarirne (media su tutti i tumori) e sopravvivere oltre i cinque anni, dal momento della diagnosi. Nonostante la prevenzione (principalmente ottenuta dalla diagnostica) e le nuove cure in campo, due persone colpite su tre morirà di tumore (se consideriamo anche le statistiche oltre i cinque anni).
Indubbiamente gli sforzi fatti dalla ricerca stanno dando buoni risultati grazie a nuove terapie e metodologie d’interventi mirati. Soprattutto, sono molto chiari i meccanismi che portano alla formazione del tumore ed al suo sviluppo fino alla fase terminale.
L’informazione è fondamentale per combattere il tumore, agendo prima della sua comparsa (vera prevenzione) e non quando si é manifestato (potrebbe essere troppo tardi). Ciò è possibile solo se le informazioni che abbiamo ci rendono più consapevoli, facendoci decidere di cambiare radicalmente stile di vita, la propria alimentazione ed iniziando un piano integrativo di micronutrienti (vitamine, sali minerali, omega 3, etc.).
Partiamo allora con le informazioni che possono esserci utili.
Iniziamo a conoscere il tumore.

La cancerogenesi

In base al tipo di tessuto dal quale ha avuto origine il tumore, esso si distingue in tre tipi.
- Si parla di carcinomi, quando sono interessate le ghiandole o i tessuti epiteliali;
- Si parla di sarcomi quando sono colpiti i tessuti adiposi, connettivali, muscolari, i nervi, le ossa, le cartilagini ed i vasi sanguigni;
- Si parla invece di leucemia quando é interessato il sistema circolatorio sanguigno o linfatico.
In ognuno di questi casi, il tumore inizia e progredisce fino alla fase terminale, utilizzando gli stessi sistemi. Tutto ha inizio con la cancerogenesi, che come dice la parola (genesi cancerogena) è la fase iniziale della formazione del tumore e si suddivide in tre fasi: iniziazione, promozione e progressione.
 Una piccola distinzione.
- Si parla di tumore quando abbiamo una formazione di cellule (massa tumorale);
- Si parla di cancro quando questa massa inizia a coinvolgere i tessuti adiacenti (dalla parola granchio) o quando è promotore delle metastasi.

L’iniziazione del tumore

Ogni cellula ha un proprio nucleo dove si trova il Dna cellulare. Giornalmente tale struttura molecolare è attaccata da diversi elementi esterni, capaci di creare danni (insulti) e modificarne il contenuto. Volendo fare un paragone, il Dna è simile ad un file in video scrittura di centinaia di pagine, lasciato aperto sul vostro computer. In vostra assenza, qualcuno cancella alcune parole, inserendone altre (cambiando il senso delle frasi). Tali sabotatori del Dna sono principalmente i radicali liberi e le nitrosammine, ma potrebbe trattarsi anche di sostante inquinanti (fumo ed agenti tossici), di sostanze radioattive e di virus.
La nostra cellula ha tutti i meccanismi necessari per ripristinare il Dna (si parla di 10.000 insulti al giorno), operazione che riesce ad assolvere in maniera efficace. Il problema nasce quando da una parte aumenta il numero d’insulti (maggiori radicali liberi) e dall’altra, la cellula non si trova nelle condizioni di equilibrio ottimale per riparare il numero crescente di danni.
Immaginiamo di essere costretti a dover correggere sempre più frasi nel nostro testo in videoscrittura e di farlo quando siamo in preda ad una sbornia. A questo punto i danni diventerebbero permanenti, sommandosi giorno per giorno esponenzialmente. Tali cellule denominate cellule inizializzate (Initiated Cells), pur essendo anormali non sono state ancora trasformate in cellule tumorali. In ogni caso risultano possedere caratteristiche genomiche che le differenziano dalle cellule normali.
Quando le cellule raggiungono questo stadio, di norma attivano la procedura dell’apoptosi, che consiste nel processo di eliminazione volontaria (suicidio). Questa particolare procedura è scritta all’interno delle catene del Dna, ma se i radicali liberi hanno danneggiato anche tale informazione genetica, la cellula rinuncia al suicidio e si trasforma in un organismo immortale. Un’altra possibile modifica del Dna da parte dei radicali liberi e le nitrosammine, riguarda la replicazione cellulare che di norma è inibita quando le cellule si accorgono della presenza di altre cellule adiacenti (inibizione da contatto). Tale modifica può far saltare questa inibizione e permettere alla cellula tumorale d’iniziare a replicarsi, anche in presenza di un’altra cellula vicina.
Tale fase è molto rapida ma può anche regredire, se cambiano i parametri che hanno condizionato la nascita di tali cellule.

La promozione del tumore

Questa fase può rimanere latente per molti anni e conduce le cellule inizializzate a trasformarsi in  cellule tumorali. Un aspetto fondamentale della promozione è la creazione di un micro ambiente dove gli agenti promuoventi, come i radicali liberi, le nitrosammine  e le sostanze tossiche, possono continuare la loro stimolazione che porterà a modifiche multiple del Dna della cellula. Si crea in tal modo la proliferazione focale (concentrata in un punto), che causa  delle lesioni considerate precancerose quali polipi, papillomi e noduli (tumore benigno). In tale fase alcune lesioni regrediscono (riportando le cellule alla fase iniziale), altre invece progrediscono, fino a giungere al tumore vero e proprio.

La progressione del tumore

La progressione è la fase più drammatica del tumore, durante la quale le cellule neoplastiche si evolvono verso un feno-tipo più maligno. Difatti se pur il tumore si genera da una sola cellula, man mano che si divide (formando altre cellule), le cellule figlie acquisiscono mutazioni che conferiscono un vantaggio evolutivo (processo di evoluzione clonale).
La progressione del tumore  è possibile grazie a tre processi estremamente efficienti.
- Il primo di essi è la capacità delle cellule tumorali di replicazione illimitata (iperplasia), che aggiunta all’inibizione dell’apoptosi (morte cellulare programmata), fa aumentare la velocità di sviluppo del tumore. Questa attività super accelerata necessita di una grande quantità d’energia (Atp), per questo motivo, il carburante utilizzato dalle cellule tumorali è il glucosio (utilizzano il procedimento della glicolisi).
Diversamente, le cellule tumorali non possono utilizzare i mitocondri (e quindi gli acidi grassi come carburante) anche perché durante la fase di separazione cellulare, questi organelli sono inattivi.
- La seconda funzione riguarda la capacità delle cellule tumorali nel creare enzimi (zinco dipendenti, denominati metalloproteasi), i quali dissolvono la matrice extracellulare (dove sono legate le cellule),     creando così lo spazio per generare altre cellule tumorali. Tale arma è fondamentale anche nel processo delle metastasi. In tal modo, le cellule tumorali, riescono a raggiungere vene e vasi linfatici (aprendo poi un varco sulla parete endoteliale), immettendo nuove cellule tumorali direttamente nel sangue.
- La terza funzione fondamentale per lo sviluppo del tumore, consiste nella produzione di enzimi capaci d’indurre la matrice extracellulare alla creazione di nuovi vasi sanguigni (angiogenesi). In tal modo possono rifornire le cellule tumorali di aminoacidi, micronutrienti e di glucosio (il tumore non potrebbe crescere oltre 0,5 mm di diametro senza nuovi vasi sanguigni).

Le metastasi e la colonizzazione del tumore In questa fase del tumore (definizione di cancro) le cellule cercano d’invadere il nostro corpo, superando la limitazione della massa tumorale.
Ciò può avvenire in due modalità: colonizzazione e metastasi.
- Nel primo caso, il cancro invade i tessuti limitrofi per contatto, sempre utilizzando le metalloproteasi, facendosi spazio nella matrice extracellulare (demolendola) degli altri organi.
- Nella seconda ipotesi (la più pericolosa) si producono metastasi, colonie diverse dal tumore originario che possono avere inizio anche con una sola cellula, capace di attecchire in qualsiasi altro organo (comprese le ossa). Ciò accade quando il tumore raggiunge delle arterie o dei vasi linfatici, aprendosi un varco nell’endotelio, immettendo cellule tumorali nel flusso sanguigno.
Si calcola che un tumore di un centimetro cubo, liberi circa 1.000.000 di cellule tumorali ogni ventiquattro ore. Le cellule entrate nel sistema venoso hanno scarsa possibilità di sopravvivere (una su un milione) perché muoiono in seguito a traumi intravascolari (non sempre riescono a legarsi alla parete del vaso). Le cellule tumorali hanno più probabilità di attecchire se utilizzano invece i vasi linfatici (ecco il motivo per cui in caso di tumore sono rimossi i linfonodi).

Il tumore e l’Igf-1

Come abbiamo già visto, la pericolosità del tumore dipende dalla sua capacità di svilupparsi velocemente, aumentando la propria replicazione cellulare. In tale fenomeno ha una funzione rilevante l’ormone  Igf-1 (Insulin Growth Factor; rif. pag. 185) che riusciamo a produrre a livello endogeno o assumendolo con la nostra alimentazione. Vi ricorderete che questo speciale ormone ha dei recettori all’interno delle cellule e legandosi ad essi, stimola la proliferazione cellulare. Purtroppo le cellule tumorali possiedono il doppio dei ricettori leganti l’Igf-1. Ciò significa che il tumore, per aumentare la velocità di replicazione, necessita dell’ordine dell’Igf-1, senza il quale non potrebbe espandersi (difatti quasi tutti i tumori sono definiti ormoni dipendenti).
Nel 1995 ricerche effettuate presso il National Institute of Health, evidenziarono il ruolo dell’Igf-1 nella progressione del tumore infantile, del seno, del polmone, del pancreas, della prostata e nel melanoma. Altri ricercatori provarono anche una correlazione con il tumore al colon.
Le brutte notizie non finiscono qui. Tale ormone ha un’altra funzione: inibire alle cellule tumorali la scelta dell’apoptosi (suicidio), strumento importante che impedisce il passaggio di una cellula da sana a tumorale. Per tale motivo, l’Igf-1 rende più tenaci le cellule tumorali all’azione della chemioterapia, utilizzata per spingere le cellule all’apoptosi.
L’Igf-1 è inoltre responsabile dei tumori infantili proprio per la sua capacità di permettere la crescita accelerata di nuovi tessuti nei giovani. Infatti le cellule tumorali, essendo più attive trovano in questa fase, se stimolati dall’IGF-1, maggior facilità alla progressione).
Lo stesso effetto lo riscontriamo nel tumore alla prostata, in quanto promuove anche l’iperplasia dell’organo genitale.
Il consumo di amidi e zuccheri è la causa scatenante del tumore
Sappiamo che il tumore rappresenta il secondo killer dell’epoca moderna e ciò dipende sicuramente dal fatto, che l’uomo ha iniziato a mangiare cose non ortodosse per le proprie cellule. Un’incidenza tumorale così alta è correlata all’aumentato rischio di iniziazione delle cellule tumorali e dal fatto che impediamo al nostro corpo di reagire correttamente. Infatti saremo in grado di riparare le cellule danneggiate e di attivare quelle difese naturali che permetterebbero al nostro sistema immunitario di distruggere quelle cellule prossime alla replicazione tumorale.
Allora per quale motivo, la cellula non riesce più a riparare il Dna? Perché il nostro sistema immunitario non svolge correttamente il proprio lavoro?
Perché il resto del mondo animale non soffre di tale patologia?
Le risposte a queste domande sono semplici. Il consumo di carboidrati complessi come ad esempio gli amidi, sono il vero motivo dell’epidemia tumorale a cui stiamo assistendo.
Vediamo nel dettaglio.

INIZIAZIONE DELLE CELLULE TUMORALI

Sappiamo che il tumore ha inizio da alcune cellule, che a causa di una modifica del Dna (presente nel loro nucleo), iniziano a comportarsi in maniera non convenzionale. Si moltiplicano  facendosi spazio tra i tessuti, creando così un microambiente adatto al loro sviluppo.
Queste modifiche al Dna sono indotte dall’azione dei radicali liberi e dalle nitrosammine, che agiscono direttamente sul nucleo. Le cellule possiedono diversi strumenti per inertizzare i radicali liberi e ripristinare i danni cagionati. Si calcola infatti che le nostre cellule siano in grado di riparare correttamente danni per circa 10.000 insulti giornalieri.
Allora come mai, nonostante questi strumenti, la cellula accumula comunque dei danni?
Semplicemente perchè l’alimentazione moderna produce ogni giorno, più insulti di quelli che sarebbe in grado di riparare una cellula. Questi danni si accumulano, fino al punto da indurre la cellula ad autodistruggersi (nei migliori dei casi) o trasformarsi in cellula tumorale.
Ma qual’è il reale motivo che causa un aumento dei radicali liberi all’interno della cellula o un aumento delle nitrosammine?
Affrontiamo per prima l’aspetto che riguarda i radicali liberi.
Sappiamo che la fonte di produzione di questi atomi instabili endogeni all’interno della cellula è appunto il mitocondrio. Infatti il 3% dell’ossigeno che inspiriamo per produrre energia (Atp), si trasforma in radicali liberi (atomi di ossigeno instabili). Questo è un processo naturale e per vivere abbiamo bisogno di tale energia.
La natura ci ha messo a disposizione un’arma molto efficacie, ovvero il glutatione (rif.pag 227) che è in grado di inattivare tutti i radicali liberi prodotti dai mitocondri.
Il problema nasce quando al contrario, la cellula non ha sufficiente glutatione e quindi, parte dei radicali liberi, rimangono attivi e possono danneggiare la cellula compreso il Dna presente nel nucleo.
A questo punto ci dovremmo chiedere: qual’è il motivo di tale inefficienza cellulare?
Poco glutatione:
Ebbene il glutatione quando incontra un radicale libero per inattivarlo, gli cede un elettrone trasformandosi così nella sua forma ossidata (Gssg) ovvero diventa inattivo. Per riattivare la sua funzione antiradicale, deve utilizzare un agente chiamato Nadph (riducente), per poi incontrare un altro radicale libero, in modo da ripetere il processo.
Il problema principale riguarda la disponibilità di agenti Nadph all’interno della cellula, perché in caso di loro carenza, il glutatione non può essere riattivato.
Ricordiamo che il Nadph è un coenzima prodotto durante un processo cellulare chiamato la via del pentosio fosfato (rif.pag. 230). Tale processo può essere interrotto da una presenza eccessiva di Atp energetici, prodotti nella via energetica della glicolisi.
In pratica, quando la cellula è obbligata dall’insulina a produrre energia con la glicolisi, causiamo il fermo della produzione del coenzima Nadph, la conseguente inattivazione del glutatione ed un aumento dei radicali liberi della cellula.

Mitocondri poco efficienti

Altro aspetto importante è il buon funzionamento dei mitocondri, i quali, se non riparati o sostituiti, aumentano sensibilmente la produzione dei radicali liberi. Se volessimo fare un paragone con il motore di un’automobile: se non si effettua la manutenzione avremo una peggiore combustione e una maggiore produzione di particolato dal tubo di scappamento. Come già detto nel capitolo delle sirtuine (rif. pag. 405), tali enzimi promuovono la crescita di nuovi mitocondri e la sostituzione di quelli danneggiati. Infatti la produzione energetica della glicolisi (attiva con il glucosio), impedisce alla cellula di riconoscere i mitocondri non più efficienti e l’insulina inibisce a sua volta, la produzione di sirtuine.

Presenza delle nitrosammine

 Affrontiamo adesso l’aspetto riguardante le nitrosammine.
Sappiamo che sono delle molecole che si formano all’interno dello stomaco e dell’intestino grazie alla presenza di nitriti e di ammine biogene. La loro azione nei confronti del Dna è definita alchilante (si lega alle eliche) ma può anche causare la frammentazione dei cromosomi o creare dei legami incrociati che impediscono alle eliche del Dna di separarsi (quando la cellula si duplica).
Ebbene per la formazione delle nitrosammine è fondamentale la presenza dei nitriti (rif. pag. 250) che appunto si formano nella bocca e nell’intestino. Senza questo elemento non possono generarsi nitrosammine, quindi è giusto pensare di ridurre la produzione di nitriti nel nostro corpo. Purtroppo però l’alimentazione ricca di amidi, causa esattamente l’opposto, ovvero una maggiore produzione di nitriti.
Difatti come abbiamo potuto approfondire nel capitolo omonimo, sono i batteri presenti nella bocca e nell’intestino a trasformare gli innocui nitrati nei pericolosi nitriti. Questo perché gli amidi causano un aumento della produzione batterica nella bocca (tramite l’amilasi che scompone gli zuccheri) mentre nell’intestino causano la disbiosi (aumento della flora batterica nociva). L’altro elemento per la formazione delle nitrosammine sono le ammine biogene. Anche questi agenti sono promossi dal consumo di carboidrati, in quanto appunto dipendono dalla presenza della disbiosi intestinale.
Le azioni sia dei radicali liberi che delle nitrosammine possono causare direttamente la formazione di cellule tumorali oppure una morte accelerata delle cellule. Quando le stesse cellule non potranno più replicarsi, per aver raggiunto il limite di Flick (rif. pag. 173) si trasformano in senescenti. La scienza ha dimostrato che molti tumori nascono dalla trasformazione delle cellule senescenti in tumorali.

REPLICAZIONE DELLE PRIME CELLULE TUMORALI

Il corpo umano è composto da un numero incredibile di cellule (circa 100.000 miliardi) e la nostra evoluzione aveva messo in conto che eventi stressori potessero trasformare delle cellule normali in tumorali. Si calcola infatti che nascano centinaia di cellule tumorali ogni minuto. Ma se non veniamo invasi costantemente da tumori, evidentemente il nostro corpo è dotato di un sistema immunitario che è in grado di scovare le cellule tumorali ed eliminarle. Quest’azione è svolta dai linfociti Th1 che per l’appunto sono in grado di riconoscere le cellule tumorali ed attivare una risposta immunitaria mirata alla distruzione del tumore.
Quindi dovremmo chiederci il motivo che impedisce al nostro corpo di bloccare il tumore  e quindi causare la strage a cui assistiamo ogni giorno.
La risposta è sempre collegata a quello che mangiamo. Infatti un’alimentazione a base di cereali, amidi e zuccheri incide notevolmente sul nostro sistema immunitario, rendendolo poco efficiente contro il tumore.
Abbiamo già parlato di quanto sia importante l’equilibro tra i linfociti Th1 e Th2 (rif. pag. 152). I linfociti Th1 sono deputati alla distruzione dei virus e delle cellule tumorali, mentre i linfociti Th2 alla distruzione dei batteri e funghi. Ebbene quando mangiamo zuccheri, il nostro intestino subisce un’infiammazione sistemica dovuto all’incremento dei batteri fermentativi e putrefattivi (disbiosi) che attiva la risposta immunitario Th2. Inoltre la disbiosi intestinale causa un aumento della produzione delle ammine biogene come l’istamina, che immessa nel sistema sanguigno, attiva a sua volta la risposta immunitaria dei linfociti Th2. L’incremento del sistema immunitario Th2 genera una riduzione dei linfociti Th1 (deputati alla distruzione delle cellule tumorali) fino quando l’infiammazione sistemica dell’intestino non terminerà. A questo stato già catastrofico, si inserisce anche l’azione del cortisolo, il quale attivato dai continui cali glicemici (e dal normale stress a cui siamo sottoposti durante il giorno) uccide i linfociti Th1, aggravando ulteriormente il disequilibrio.

 SISTEMA ENERGETICO DELLE CELLULE TUMORALI

La scienza ha verificato che le cellule tumorali, oltre ad essere delle Highlander (immortali) hanno bisogno di enormi quantità di energia perché la loro duplicazione continui. Inoltre il tumore non può utilizzare il sistema energetico dei mitocondri, perché questi organelli, nella duplicazione cellulare sono inattivi (scindendosi in due come la cellula). Quindi l’unico sistema energetico utilizzato dalle cellule tumorali è quello della glicolisi anche perché la produzione con questa via energetica è cinque volte più veloce di quella mitocondriale. Sostanzialmente sono cellule con il turbo sempre acceso.
Questo ci dovrebbe far pensare che per affamare il tumore  e quindi rallentare la sua replicazione dovremmo evitare di  mettere a sua disposizione il suo carburante, ovvero il glucosio. La dieta mediterranea, al contrario, è basata sul 70% delle calorie ingerite sotto forma di glucosio e l’insulina prodotta dopo ogni pasto, spinge con forza il glucosio dentro le cellule (comprese quelle tumorali).
Per farvi un esempio calzante, una delle analisi più efficaci per riscontrare la presenza di metastasi, consiste nel far bere al paziente a digiuno, una soluzione di glucosio radioattivo per poi tracciarlo con la Pet e vedere così dove si trova un eventuale tumore.
A dimostrazione di quanto detto, faccio riferimento ad alcune ricerche molto interessanti effettuate dal Dottor Gianfrancesco Valsè Pantellini (la sua opera è oggi portata avanti dalla Fondazione Pantellini), le quali dimostrano la buona riuscita nel curare diversi tumori utilizzando l’ascorbato di potassio.
La sua storia inizia quando casualmente curò un suo amico orefice, malato di tumore allo stomaco in stadio terminale. Suggerì al suo amico di bere giornalmente un tonico (composto da limonate con l’aggiunta di bicarbonato di sodio) nella consapevolezza però che da lì a poco sarebbe comunque deceduto. Con grande sorpresa rivide il suo amico nove mesi dopo, scoprendo che continuava a bere limonate senza l’aggiunta però di bicarbonato di sodio, sostituito erroneamente dal potassio (dando luogo, a sua insaputa, alla formazione chimica dell’ascorbato di potassio, ovvero vitamina C e potassio). L’errore casuale determinò la regressione del tumore. Da quel momento il Dottor Pantellini, utilizzando per le sue sperimentazioni la vitamina C ed il potassio, raggiunse inaspettati risultati, che gli permisero di curare migliaia di persone. La base del funzionamento dell’ascorbato di potassio, riguarda proprio il principio elettrolitico delle cellule (rif. pag. 63).
Vi ricorderete che all’interno della cellula è presente il 95% del potassio del corpo, mentre nella matrice è presente il 95% del sodio. Quando l’insulina trattiene il sodio, aumenta il gradiente esterno della cellula e tramite l’osmosi, la obbliga ad assimilare il glucosio. Ciò causa anche un impoverimento di potassio che, una volta uscito dalla cellula, è eliminato tramite l’urina. L’ascorbato di potassio utilizzato dal Dottor Pantellini, di fatto, aumenta la quantità di potassio nel Citosol delle cellule, rendendo meno efficacie l’azione che l’insulina svolge per far entrare il glucosio all’interno del citosol, affamando di fatto, il tumore.

MICRO AMBIENTE DEL TUMORE

Un altro aspetto importante nella guerra contro il tumore è contrastare la formazione e la progressione delle masse tumorali e questo possiamo ottenerlo impedendo al tumore di mantenere un micro ambiente acido ed infiammato. Infatti il tumore ha bisogno di un ambiente favorevole per contrastare l’azione continua del nostro sistema immunitario e favorire la degradazione della matrice extracellulare (ad opera delle metalloproteasi), permettendo così alla colonia di cellule tumorali di continuare a replicarsi.
A tale scopo, dovremmo prediligere alimenti non infiammatori e ricchi di aminoacidi (per ricostruire la matrice) ed antiossidanti (per contrastare la formazione di altri radicali liberi). Al contrario i carboidrati aumentano la produzione di scorie acide (piruvato e ioni H+), dell’acidosi tissutale (rif. pag. 315) e dell’infiammazione cronica (rif. pag. 324). La ritenzione idrica peggiora tale stato, impedendo il ricambio dei fluidi (stato di sol) e l’eliminazione delle scorie della matrice extracellulare. Ciò vuol significare che alimentandoci con i carboidrati insulinici, trasformiamo il nostro corpo in un ambiente favorevole al tumore. Al contrario un’alimentazione senza carboidrati e più ricca di frutta e verdura, aumenta la quantità di antiossidanti che possono intercettare i radicali liberi impedendogli di danneggiare il Dna. Difatti diversi studi scientifici hanno confermato che l’integrazione di antiossidanti specifici può diminuire l’incidenza del tumore.

ACCELERAZIONE DELLA CRESCITA DEL TUMORE 

Un altro elemento importante nella crescita del tumore è quello ormonale. Infatti la maggioranza dei tumori è definita ormone-sensibile, in quanto la loro crescita risente degli stimoli di ormoni specifici tra i quali il più efficacie è l’Igf1 (denominato fattore di crescita).
Il nostro corpo comunica alle cellule di procedere alla replicazione, utilizzando l’Igf1 che si lega a dei speciali recettori che si trovano sulle membrane e trasmettono l’impulso di crescita delle cellule. Attività fondamentale per lo sviluppo dei bambini ma assolutamente deleteria in età adulta. Infatti le cellule tumorali hanno il doppio dei recettori di questo ormone delle altre cellule e quindi la presenza di Igf-1 nel sangue, rappresenta un vero e proprio turbo per la crescita del tumore. Non a caso, i nani che sono tali per un’incapacità del loro corpo di produrre l’Igf-1, non hanno problemi di comparsa di tumori.
Abbiamo già visto, nei capitoli precedenti che l’acidosi causata dal consumo di carboidrati, attiva l’ormone Gh che a sua volta promuove l’Igf1 (per procedere alla riparazione dei tessuti danneggiati dalle scorie acide) favorendo lo sviluppo del tumore presenti nel nostro corpo. Anche il latte ed i latticini, ricchi di Igf-1, andrebbero evitati per non introdurre questo fattore di crescita. Al contrario nei formaggi stagionati l’igf-1 è quasi assente, in quanto le proteine di trasporto di tale fattore di crescita, sono state demolite.

L’integrazione può essere un valido aiuto per prevenire il tumore oppure quando esso si è già manifestato, tenerlo a bada.

Si può agire su diversi fronti.
1) Evitare la formazione delle cellule tumorali, agendo su elementi che incidono sulla modifica del Dna cellulare, ovvero i radicali liberi ed i prodotti chimici.
Per contrastare l’azione dei radicali liberi dovremmo integrare i seguenti micronutrienti.
- La vitamina A è uno dei più potenti antiossidanti utili per contrastare gli attacchi alle membrane cellulari e mitocondriali.
- La vitamina C, tra le sue innumerevole funzioni svolge anche il compito di antiossidante, contribuendo anche a riattivare la vitamina E, dopo che ha svolto la propria funzione (ossidandosi).
- Il potassio, in modo da rendere più difficile al tumore l’assimilazione del glucosio (ottimizzazione delle pompe sodio potassio).
- La vitamina D, per aver dimostrato la capacità d’interagire con il Dna delle cellule tumorali, inducendole all’apoptosi ed inibendone la duplicazione. Inoltre questa vitamina contrasta l’angiogenesi (crescita di capillari per nutrire il tumore).
- La vitamina E, è considerata una delle più importanti molecole antiossidanti che ci fornisce la natura. È specializzata nel contrasto dei radicali liberi che agiscono contro le membrane cellulari (compreso quelle dei mitocondri), le lipoproteine. Inoltre protegge dall’ossidazione anche le vitamine A, C e quelle del gruppo B.
- L’acido alphalipoico è l’unico antiossidante che agisce contro i radicali liberi sia nella fase lipidica (membrana cellulare e mitocondriale) che nella fase liquida (proteine presenti nel citosol). Svolge inoltre l’importante funzione di rigenerare il glutatione, le vitamine C ed E e il coenzima Q 10 (dopo che queste hanno esaurito la loro capacità antiossidante). Un’altra particolarità che lo rende prezioso è la sua piccola dimensione, che gli permette di attraversare la barriera ematoencefalica, contrastando i radicali liberi presenti nei neuroni.
- Il coenzima Q10 è fondamentale per migliorare la produzione energetica dei mitocondri. La sua presenza riduce sensibilmente la produzione di radicali liberi derivanti dalla respirazione cellulare.
- Il cromo è un minerale che in diversi studi ha dimostrato un’ottima efficacia contri i radicali liberi.
- Il selenio è un minerale utilizzato dal nostro corpo per produrre il glutatione (glutatione perossidasi), l’antiossidante endogeno più importante di cui disponiamo. Inoltre è in grado di aumentare le capacità antiossidanti delle vitamine C ed E, oltre che del coenzima Q10.
- Il molibdeno è un minerale essenziale che tra le sue funzioni annovera anche quella di essere un ottimo antiossidante.
 - La N-acetil cisteina (Nac) ha come funzione principale di partecipare alla formazione del glutatione (con glutammato e glicina).
- La taurina è un aminoacido solforato sintetizzato dal fegato, a partire da due aminoacidi: la metionina e la cisteina. Tra le sue funzioni più apprezzate: la capacità antiossidante dimostrata contro l’azione dei radicali liberi.
- La curcuma (la molecola attiva si chiama curcumina) è una spezia con un enorme capacità antiossidante. Ma la caratteristica che la rende unica è la capacità non solo di contrastate i radicali liberi ma d’impedirne la formazione. Ha una capacità antiossidante 300 volte maggiore della vitamina E ed è attiva anche nella protezione dei neuroni. Altre funzioni curative nei confronti del tumore sono quelle che inibiscono l’angiogenesi (formazione di nuove vene) e l’aumento dell’apoptosi delle cellule tumorali.
- Il pepe nero, ha una capacità soddisfacente come antiossidante ed aumenta l’assimilazione dei micronutrienti di 1.000 volte.
- La cannella è una delle spezie con più capacità anti radicali liberi.
- L’origano è una spezia che tra le sue importanti proprietà annovera quella di essere un ottimo antiossidante.
- I chiodi di garofano possono essere considerati i re degli antiossidanti. Non esiste difatti un’altra sostanza con maggiori capacità anti radicali. Per ogni grammo assunto di chiodi di garofano, il corpo può contare su una capacità antiossidante pari a 3.144 orac.
- L’epigalocatechina gallato, ha assicurato agli orientali la fama della longevità. Difatti una sola tazza di tè assicura al fisico antiossidanti pari a 1.500 orac.
 - Il resveratrolo, è un bioflanoide presente nel vino rosso. Solo ultimamente, molte ricerche scientifiche hanno confermato la straordinaria capacità antiossidante di tale molecola. Essa agisce in azione sinergica con le vitamine C ed A, raggiungendo i 5.000 orac (quantità di resveratrolo presente in un bicchiere di vino rosso). Tale molecola ha anche dimostrato di possedere delle capacità anti angiogenesi che contrastano la formazione di nuovi vasi sanguigni (essenziali al tumore per crescere).
- La quercetina è un fitoestrogeno polifenolico che si trova in alimenti come i capperi, il levistico, le mele, le cipolle rosse. E’ un potente antiossidante specializzato nel contrastare i radicali liberi nelle cellule cerebrali (attraversa la barriera ematoencefalica) e quelli che attaccano le membrane cellulari. Inoltre in diversi studi ha dimostrato di saper bloccare il processo di trasformazione delle cellule sane in tumorali, addirittura d’invertirlo. Induce infine, le cellule tumorali all’apoptosi.
- Il picnogenolo è un polifenolo naturale in concentrazione particolarmente elevata nei semi dell’uva rossa e nella corteccia del pino marittimo. È un potente antiossidante (trenta volte più potente delle vitamina E e C), specializzato nell’inibire la formazione dell’anione superossido, difendendo i neuroni dai radicali liberi. Risulta essere efficace nell’aumentare l’effetto selettivo della citotossicità della chemioterapia, aumentando l’effetto di tale cura.
- l’esperidina anche chiamata bioflanoide degli agrumi, tra le sue innumerevoli funzioni che gli sono state riconosciute, annovera anche quelle di essere un potente antiossidante.
Per contrastare l’azione dei prodotti chimici dovremmo integrare i seguenti micronutrienti.
- La vitamina C ha un effetto antitossico che protegge il nostro corpo da sostanze nocive come il cadmio, il mercurio, il piombo, l’arsenico, il benzene. Inoltre previene la formazione delle nitrosammine (cancerogene) dai nitrati e dai nitriti (sostanze presenti nei salumi, nella frutta e nella verdura). Inoltre contrasta l’azione del monossido di carbonio (uno dei gas più tossici dello smog) e del fumo di sigaretta.
- Il selenio ha un effetto chelante contro i metalli tossici quali arsenico, mercurio, piombo e cadmio. Protegge dai raggi ultravioletti.
- Lo iodio svolge una funzione di protezione delle cellule dalle radiazioni (pulviscolo radioattivo).
- La metionina è un aminoacido che tra i suoi vari compiti svolge anche un’azione disintossicante nei confronti dei metalli pesanti.
2) Evitare l’infiammazione cronica per non creare lo squilibrio nel sistema immunitario che induce l’eliminazione dei linfociti Th2 (preposti all’uccisione delle cellule tumorali).
Elenco dei nutrienti necessari: vitamina D, omega 3, potassio.
Le spiegazioni sul loro effetto le trovate nel capitolo L’infiammazione cronica e l’integrazione.
3) Evitare l’acidosi tissutale per non rendere ospitale il nostro corpo all’invasione delle cellule tumorali, e diminuire l’azione degli enzimi Mao, Dao e Pao (che degradano le ammine biogene).
Elenco nutrienti necessari: vitamina D, calcio.
Le spiegazioni sul loro effetto le trovate nel capitolo L’acidosi e l’integrazione.
4) Migliorare la resistenza della matrice extracellulare all’attacco degli enzimi metalloproteasi, aumentando la capacità anabolica del nostro corpo.
Elenco dei nutrienti necessari: lisina, ornitina, prolina, glutammina, arginina, tirosina, vitamina C, vitamina D, melatonina.                                                          
Le spiegazioni sul loro effetto le trovate nel capitolo La sarcopenia e l’integrazione.
5) Migliorando il nostro sistema immunitario per contrastare la formazione dei tumori promossi da virus e permettendo una maggiore attività dei linfociti Th1, deputati ad eliminare le cellule tumorali.
Elenco dei nutrienti necessari: quercetina, epigallocatechina gallato, chiodi di garofano, ornitina alfa-chetoglutarato, glutammina, acetil cisteina, zinco, rame, vitamina E, vitamina B12, vitamina B8, vitamina B7, vitamina B6, vitamina A, vitamina D, vitamina C.
Le spiegazioni sul loro effetto le trovate nel capitolo Le malattie infettive e l’integrazione
6) Diminuire il cortisolo, evitando la catabolizzazione del glucosio dalla massa magra e la distruzione del sistema immunitario.
Elenco dei nutrienti necessari: cordyceps sinensis, schisandra, tribulus terrestris, ginseng, teanina, rhodiola rosea, magnonolo e onochiolo, tirosina, fosfatidilserina, melatonina, vitamina D.
­Le spiegazioni sul loro effetto le trovate nel capitolo L’ipercortisolemia e l’integrazione.
7) Contrastare la disbiosi, la Sibo e la permeabilità intestinale, responsabili della formazione delle ammine biogene e quindi delle nitrosammine.
Elenco dei nutrienti necessari: vitamina B9, chiodi di garofano, origano, zenzero, cannella, curcuma, pepe nero. Le spiegazioni sul loro effetto le trovate nel capitolo Le malattie intestinali e l’integrazione.

Estratto dal libro "VIVERE 120 ANNI, le verità che nessuno vuole raccontarti"

Canada, Università di Alberta: trovata la cura per il cancro, ma nessuno ne parla

Canada, Università di Alberta: trovata la cura per il cancro, ma nessuno ne parla

Trovata in Canada una cura per il cancro, ma le big pharma fanno finta di niente I ricercatori dell'Università di Alberta, a Edmonton, in Canada hanno trovato la cura per il cancro, la settimana scorsa, ma se ne parla pochissimo nei notiziari e alla TV.
È una tecnica semplice, si utilizza un farmaco molto semplice.



 Il metodo impiega dicloroacetato, che è attualmente usato per trattare i disordini metabolici. Quindi, non vi è alcuna preoccupazione per gli effetti collaterali o gli effetti a lungo termine.
Questo farmaco non richiede un brevetto, per cui chiunque lo può utilizzare ampiamente ed è economico rispetto ai costosi farmaci antitumorali prodotti da grandi aziende farmaceutiche. Continua a leggere.........

sabato 22 ottobre 2016

Speranza per i malati oncologici: in arrivo una terapia non invasiva nella lotta al cancro

E’ stata recentemente sviluppata una nuova terapia non invasiva nella lotta al cancro, capace di uccidere le cellule cancerogene in poco tempo.

 Ci sarebbe una nuova terapia in grado di sostituire la chemioterapia e di uccidere il cancro in due ore. La bella notizia arriva dall’Università del Texas grazie alla ricerca pubblicata dal Journal of Clinical Oncology, realizzata da Matthew Gdovin, professore associato al Dipartimento di Biologia della University of Texas a San Antonio.
Il professore e i ricercatori Zachary Jordan e Haley Hazlett hanno sviluppato un nuovo metodo brevettato per uccidere le cellule cancerogene.Come funziona la rivoluzionaria scoperta?
Il metodo sviluppato consiste nell’iniettare un composto chimico nel tumore, la nitrobenzaldeide, e permettergli di diffondersi nel tessuto cellulare. La fase successiva prevede di puntare un fascio di luce ultravioletta sul tessuto stesso, cosicché le cellule cancerogene diventino acide e, in sostanza, vengano indotte al suicidio. In circa due ore, Gdovin ha stimato che il 95% del tumore muore. “Nonostante vi siano diversi tipi di tumore – ha dichiarato – la sola cosa che hanno in comune è la loro vulnerabilità a questo suicidio indotto” .
Gdovin ha testato il suo metodo sul cancro al seno triplo negativo, uno dei tumori più difficili da trattare e anche uno dei più aggressivi e maggiormente produttore di metastasi. Il risultato è stato che dopo un solo trattamento in laboratorio della durata di circa due ore, il tumore si è bloccato nella crescita. La chemioterapia coinvolge tutte le cellule del corpo e, proprio per questa ragione, i pazienti cominciano a perdere capelli e diventano deboli; al contrario, la terapia di Gdovin è più precisa, va a concentrarsi sulla zona malata, risparmiando le cellule sane. In seguito agli esiti più che positivi sulle cavie, l’équipe di Gdovin ha cominciato a condurre dei test sulle cellule cancerogene resistenti ai medicinali in modo da rendere il metodo il più adeguato ed efficace possibile.
Questo è un altro messaggio di speranza per i malati oncologici grazie al lavoro della ricerca, ma non bisogna mai dimenticare di fare prevenzione, l’unica vera arma per combattere le neoplasie.


Il progetto ha portato ad un risultato molto promettente in quanto sembra far innescare l’apoptosi a 95 cellule tumorali su 100 in un tempo pari a sole due ore.
La ricerca di nuove strategie terapeutiche, per quanto riguarda la lotta contro il cancro, sembra aver portato, recentemente, a nuovi risultati (nitrobenzaldeide). Un metodo del tutto particolare ed innovativo, infatti, è stato brevettato. Si tratta di una scoperta che è stata sviluppata da Matthew Gdovin, un professore che fa parte dello staff della Universitty of Texas di San Antonio, negli Stati Uniti.
Argomenti trattati 
  • 1 Cancro al seno triplo negativo
  • 2 Meccanismo d’intervento
  • 3 Vantaggi dell’utilizzo della nitrobenzaldeide
  • 4 Generalità sul nuovo farmaco
  • 5 Nuove speranze per il tumore al seno triplo negativo

Il cancro al seno (vedi anche: Doxorubicina e nanoparticelle contro il cancro al seno e Tumore al seno: il mix di due farmaci noti porta risultati in 11 giorni) è tra le forme più diffuse di tumori nei soggetti di sesso femminile ma, fortunatamente, grazie alle numerose ricerche, alla prevenzione ed ai continui progressi si è portata la probabilità di guarigione al 98%Purtroppo però tutti i casi non sono uguali e le variazioni di risposta sono da ricercarsi nelle diverse caratteristiche delle cellule coinvolte (soprattutto dal punto di vista genetico e molecolare).
Nel cosiddetto tumore al seno triplo negativo le speranze di guarigione sono di molto ridotte per via della difficile capacità nella gestione della cura anche se ci si trova davanti ad un caso di tumore che è stato diagnosticato nelle fasi iniziali. Purtroppo questo accade perché, anche durante i primi stadi, le cellule possono essere staccate dalla massa tumorale originaria e passare al circolo sistemico. Da qui attraversano nuovamente la membrana dei vasi e vanno a dar luogo a differenti metastasi (in particolar modo le più temute sono quelle che si sviluppano a livello dei polmoni e del fegato) che vanno a rendere così temibili i tumori maligni.
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La definizione di “triplo negativo” riguarda quella che è la peculiarità, al confronto di altri tumori mammari, di questa tipologia di cancro. Le cellule di natura maligna non presentano, in questo caso, sulla loro superficie la proteina 
HER2  (recettore 2 per il fattore di crescita epidermico umano), i recettori leganti gli estrogeni e quelli per i progestinici. Questi tre elementi rappresentano il principale bersaglio dei vari protocolli terapeutici dunque la loro assenza mette in difficoltà il personale medico nella scelta della strategia d’intervento più opportuna da adottare e rappresenta la causa principale della mancata od inefficace risposta ai farmaci antitumorali.

Meccanismo d’intervento

Questa nuovissima tecnica prevede l’utilizzo della nitrobenzaldeide. Si tratta di una sostanza di natura chimica del tipo delle aldeidi aromatiche che viene iniettata in prossimità della sede del tumore. A seguito di questa operazione viene esposto il tessuto coinvolto ad un fascio di luce ultravioletto allo scopo di rendere le varie cellule acide nella loro porzione interna. Questo cambio di pH porta le cellule ad innescare il processo di apoptosi (tanto apprezzato in tutti i casi in cui si ha a che fare con un tumore in quanto l’obiettivo della maggior parte degli interventi terapeutici mira a provocare la morte delle cellule malate).
Dopo alcuni studi in laboratorio sembra essere stato dimostrato che è possibile bloccare la crescita della massa tumorale ed è stato evidenziato il raddoppiamento delle possibilità di sopravvivenza su campioni di specie di roditori (in particolar modo dei topi).

Vantaggi dell’utilizzo della nitrobenzaldeide

Questa tecnica innovativa potrebbe essere d’aiuto ad una grande quantità di pazienti e riguarda, in particolar modo, tutti quei casi che non risultano operabili o in cui un intervento chirurgico non ha un rapporto favorevole benefici/rischi.
Altri casi in cui può tornare utile riguardano tutti i soggetti definibili deboli, come i bambini o gli anziani in quanto, con questa tecnica sperimentale possono essere limitati molti effetti collaterali tipici dei chemioterapici.
Questo è possibile grazie alla particolare formulazione messa appunto da Gdovin che utilizza le nanoparticelle. Il vantaggio di questa forma è quella di avere un’azione selettiva nei confronti delle cellule malate a differenza dei classici farmaci chemioterapici che possono andare a colpire anche cellule sane andando a causare diversi effetti collaterali più o meno tollerati che possono andare a compromettere, talvolta, l’adesione alla terapia.
A seguito delle varie sperimentazioni sono stati messe appunto le nanoparticelle che una volta che vengono iniettate all'interno dell’organismo sono in grado di andare a riconoscere le varie metastasi che si sono andate a formare.
Questa vengono successivamente attivate da una luce ultravioletta che ha una lunghezza d’onda in grado di attraversare lo strato cutaneo, il muscolo ed, addirittura, il tessuto osseo.

Generalità sul nuovo farmaco

Il nuovo nanofarmaco (iNPG-pDox) sembra essere in grado di far guarire completamente le metastasi (sia polmonari che nel tessuto epatico) negli animali portando a guarigione il 50% del campione di topi osservati. Questo risultato, per quanto non possa sembrare eclatante risulta invece molto importante se si considera il fatto che, fino ad ora, non sono disponibili strategie terapeutiche soddisfacenti allo scopo di contrastare i tumori che si manifestano accompagnati da metastasi.
Lo scopo dei ricercatori è quello di tenere in considerazione il 2017 come data ufficiale per cominciare a testare questo nuovo protocollo anche su campioni di esseri umani con malattia conclamata in modo di andare a curare i tumori metastatici che, molto spesso, sono i veri e propri responsabili della mortalità di questa tipologia di patologie.

Nuove speranze per il tumore al seno triplo negativo

Come abbiamo detto precedentemente, nei casi di tumore al seno triplo negativo, sulla superficie delle cellule malate non è presente nessuno dei tre classici bersagli a cui solitamente sono mirati i chemioterapici. Proprio per questo motivo si stanno cercando di sviluppare nuove strategie d’intervento anche in Italia.
Un esempio riguarda la ricerca svolta da un team dell’Istituto nazionali tumori di Milano in cui è stato sperimentato YM155, una molecola che ha la capacità di andare ad inibire la proteinasurvivina che altrimenti andrebbe andare a mettere un freno al meccanismo di apoptosi (definita anche morte programmata)
YM155 è stata testata in co-somministrazione con TRAIL che aveva la proprietà di innescare processi apoptotici creando così una combinazione di molecole che risultava essere particolarmente tossica nei confronti delle cellule tumorali e dando risultati che fanno sperare in un aumento delle possibilità di guarigione nei confronti di una malattia che, attualmente, risulta difficile da curare.

mercoledì 22 ottobre 2014

Il Premio Nobel Otto Heirich Warburg e la scoperta (oggi taciuta) delle cause primarie del cancro

Le rivoluzionarie scoperte del Premio Nobel Otto Heirich Warburg sulle cause primarie del cancro, oggi taciute dalle lobby farmaceutiche e alimentari
Secondo un dato diffuso da Alta Voce, un’indagine voluta dal Censis ha dimostrato che in Italia sarebbero almeno 2.200.000 le persone colpite dal cancro. Vale a dire circa un italiano ogni 27.
Nel nostro Paese vengono diagnosticati infatti oltre mille nuovi casi di cancro al giorno, con percentuali più elevate al Nord. Anche se, complessivamente, i tassi di guarigione segnano un sensibile miglioramento su scala nazionale (il 61% delle donne e il 52% degli uomini è vivo a cinque anni dalla diagnosi), secondo i dati presentati dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) e dall’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM) al Ministero della Salute, i nuovi casi di cancro diagnosticati in Italia nel 2012 sono stati 364.000 (erano 360.000 nel 2011): 202.500 (56%) negli uomini e 162.000 (44%) nelle donne.
Secondo le principali statistiche, Il tumore del colon retto è il più frequente, con oltre 50.000 nuove diagnosi, seguito da quello al seno (46.000), polmone (38.000) e prostata (36.000). Il tumore al polmone si conferma essere drammaticamente al primo posto per mortalità, con 34.500 decessi stimati. Si calcola che i decessi per cancro nel 2012 sono stati 175.000 (174.000 nel 2011), circa quindi 500 al giorno. I tumori sono quindi in Italia la seconda causa di morte (30%) dopo le malattie cardio-circolatorie (38%).
Piante medicinali anti-tumorali (collana "Digiuno contro cancro", volume III)
Eppure, se chiediamo alle persone che incontriamo per la strada, tranne rarissime eccezioni, nessuno sa o si ricorda chi sia stato Otto Heinrich Warburg, uno scienziato tedesco che vinse il Premio Nobel nel 1931 per le sue scoperte sulle cause primarie del cancro. Da decenni, infatti, le grandi multinazionali dell’industria farmaceutica ed alimentare si sono coalizzate in una sorta di damnatio memoriae, creando attorno alla figura di Warburg e alle sue rivoluzionarie scoperte un muro di censura e di silenzio. Un muro che se non ci fosse stato decine di milioni di persone in tutto il mondo non si sarebbero probabilmente ammalate di quella che viene ipocritamente definita dalla medicina come “un’emergenza sociale”. Sì, perché vi sono scoperte scientifiche che, se divulgate a livello di massa, rischiano di compromettere il profitto delle grandi multinazionali, e allora vanno taciute, nascoste e dimenticate.
Vediamo allora chi era Otto Heinrich Warburg e quali sono state le sue più grandi scoperte.
Nato a Friburgo l’8 Ottobre 1883, è stato Direttore, dal 1931 al 1953, del Kaiser Wilhelm Institute di Berlino (oggi Max Planck Istitute), il massimo centro mondiale per lo studio della Fisiologia cellulare. Studiò a fondo il metabolismo dei tumori, in particolar modo le caratteristiche della loro respirazione cellulare. Per le sue scoperte sulla natura e sul meccanismo di azione del cosiddetto enzima giallo (di Warburg), vinse ne 1931 il Premio Nobel per la Medicina. Pubblicò gran parte dei risultati dei suoi lavori nei testi Il metabolismo dei tumori e Nuovi metodi di fisiologia cellulare.
Scrisse anche La prima causa e la prevenzione del cancro, che presentò nel corso di una celebre lezione tenuta ad un congresso di vincitori del Premio Nobel il 30 Giugno 1966 a Lindau, sul Lago di Costanza. Nel suo discorso, egli mostrò diverse prove che dimostravano come causa primaria del cancro la carenza di ossigeno (altrimenti detta anaerobiosi).
La sua rivoluzionarie scoperte, nonostante il clamore che suscitarono negli anni a cavallo della II° Guerra Mondiale e nell’immediato Dopoguerra, vennero presto deliberatamente messe in secondo piano dalla comunità scientifica internazionale in seguito a varie “pressioni”, e si preferì puntare i riflettori sulle scoperte di Alfred George Knudson sul retinoblasma infantile; scoperte che portarono nel 1971 all’enunciazione della cosiddetta “teoria di Knudson” (già teorizzata nel 1953 da Carl Nordling) che ipotizzava che la causa del cancro fosse da imputare all’accumulo di mutazioni del DNA cellulare, ipotesi che è attualmente quella tenuta in più considerazione dalla comunità scientifica e, guarda caso, dall’industria farmaceutica. Un’ipotesi che, e pochi lo sanno, ha spianato la strada all’uso massiccio dei trattamenti chemioterapici.
Warburg aveva scoperto, in sintesi, che il cancro è principalmente il risultato di un potere anti-fisiologico e di uno stile di vita anti-fisiologico.
Perché? Poiché, sia con uno stile anti-fisiologico nutrizionale (vale a dire con una dieta basata su cibi acidificanti), e sia con l’inattività fisica, l’organismo crea un ambiente acido (nel caso di inattività fisica, per via di una cattiva ossigenazione delle cellule).
Un interessante articolo recentemente pubblicato sul blog Raggioindaco fa un bilancio delle importanti scoperte di Warburg, riattualizzandole e dimostrando come lo scienziato tedesco, scomparso a Berlino il 1° Agosto 1970, fosse veramente avanti, e dimostrando come, se i frutti delle sue ricerche non fossero stati deliberatamente messi in disparte, milioni di vite umane avrebbero potuto essere salvate e si sarebbe diffuso, su scala planetaria, uno stile di vita migliore.
Quindi, secondo Warburg, l’acidosi cellulare causa l’espulsione dell’ossigeno e la mancanza di ossigeno nelle cellule crea un ambiente acido. Egli infatti sosteneva che “La mancanza di ossigeno e l’acidità sono due facce della stessa medaglia: se una persona ha una, ha anche l’altra”. Cioè, se una persona ha un eccesso di acidità nell’organismo, automaticamente avrà una mancanza di ossigeno nel suo sistema cellulare.
Interazione tra farmaci oncologici: antibiotici antitumorali
Sosteneva sempre Warburg che “le sostanze acide respingono ossigeno, a differenza delle alcaline che attirano ossigeno”. Un ambiente acido è quindi un ambiente senza ossigeno.
“Privando una cellula del 35% del suo ossigeno per 48 ore – sosteneva lo scienziato tedesco – è possibile convertirla in un cancro”. E ancora: “Tutte le cellule normali, hanno il bisogno assoluto di ossigeno, ma le cellule tumorali possono vivere senza ossigeno”. “I tessuti tumorali sono acidi, mentre i tessuti sani sono alcalini”.Il tumore è curabile adesso
Nella sua opera Il metabolismo dei tumori, Warburg ha mostrato che tutte le forme di cancro sono caratterizzate da due condizioni fondamentali: acidosi del sangue e ipossia (mancanza di ossigeno).
Ha scoperto che le cellule tumorali sono anaerobiche (non respirano ossigeno) e non possono sopravvivere in presenza di alti livelli di ossigeno. Queste possono sopravvivere soltanto con glucosio e in un ambiente privo di ossigeno. Pertanto, il cancro non altro sarebbe che un meccanismo di difesa innescano alcune cellule del corpo per poter sopravvivere in un ambiente acido e privo di ossigeno.
In sintesi, quindi, le cellule sane, per mantenersi tali, devono vivere in un ambiente ossigenato e alcalino che consenta il loro normale funzionamento. E una corretta alimentazione, accompagnata da uno stile di vita sano e non sedentario, sono alla base del coretto funzionamento delle nostre cellule.
I popoli antichi, maggiormente in equilibrio con la natura, e in genere tutte le civiltà pre-industriali, conducevano una vita nettamente più sana di quella odierna e fondavano la loro dieta su alimenti che favorivano naturalmente l’ossigenazione cellulare. Tutto questo è stato stravolto con l’introduzione nella nostra dieta quotidiana di alimenti e di sostanze che hanno determinato un’acidificazione del nostro organismo e una conseguente crescita esponenziale delle forme tumorali. É vero quindi il vecchio detto che “siamo quello che mangiamo”.Tumore dello stomaco (Tutte le domande. Tutte le risposte)
Una volta terminato il processo digestivo, gli alimenti, a seconda della qualità di proteine, carboidrati, grassi, vitamine e minerali, determinano una condizione di acidità o alcalinità
nel corpo. Il risultato acidificante o alcalinizzante viene misurato con una scala chiamata PH, i cui valori vanno da 0 a 14. Il valore 7 corrisponde un PH neutro.
É fondamentale quindi sapere come gli alimenti acidi e alcalini influiscano sulla nostra salute, poiché le cellule, per funzionare correttamente, dovrebbe essere caratterizzate da un PH leggermente alcalino, quindi di poco superiore al valore 7.
L’acqua, l’elemento base della vita che costituisce oltre l’80 % del nostro corpo, ha un valore di PH tendenzialmente oscillante attorno a 7, vale a dire neutro. Questo valore può naturalmente oscillare in base ai sali minerali in essa contenuti, mentre nell’acqua distillata (quindi demineralizzata) il valore di PH è 7 fisso. Il nostro sangue ha invece un valore di PH alcalino e, in una persona sana, esso oscilla fra 7,40 e 7,45. Se il PH del sangue di una persona scende sotto la soglia 7, si rischia seriamente il coma.
Vediamo quindi quali sono gli alimenti che acidificano maggiormente il nostro corpo:
* Lo zucchero raffinato e tutti i suoi sottoprodotti (è il peggiore di tutti: non ha proteine, è senza grassi, senza vitamine o minerali, contiene solo carboidrati raffinati che
schiacciano il pancreas).
Il suo PH è 2,1 (molto acido).
* Carne (tutte le carni, senza eccezioni).
* Prodotti di origine animale (latticini e formaggi).
* Sale raffinato.
* Farina raffinata e tutti i suoi derivati (pasta, torte, biscotti, etc.).
* Pane bianco (contiene spesso grassi saturi, margarina, sale, zucchero e conservanti).
* Margarina.
* Antibiotici e medicinali di sintesi in generale.
* Caffé.
* Alcool.
* Tabacco.
* Qualsiasi cibo cotto (la cottura elimina l’ossigeno aumentando l’acidità dei cibi).
* Tutti gli alimenti trasformati, in scatola, contenenti conservanti, coloranti, aromi e stabilizzanti.
Il sangue si autoregola costantemente per non cadere in acidosi metabolica e per garantire il buon funzionamento del metabolismo cellulare. Il nostro corpo deve quindi ricevere delle basi minerali alimentari per neutralizzare l’acidità del sangue nel metabolismo, ma tutti gli alimenti sopra citati
(per lo più quelli raffinati) determinano un’azione acidificante sul nostro sangue.
Dobbiamo tener presente che con il moderno stile di vita, soprattutto nei paesi occidentali e industrializzati, questi cibi vengono consumati almeno tre volte al giorno e per 365 giorni l’anno, determinando una dieta anti-fisiologica dalla quale il nostro organismo si difende costantemente.
Mi rendo conto che, a meno che non si decida di fare una vita ascetica sulla cima di una montagna coltivando il proprio orticello, non è facile fare radicalmente a meno di tutto ciò che siamo indiscriminatamente abituati a mangiare. Per molti di noi sarebbe addirittura impensabile! Possiamo però, a scopo preventivo, ridurre al massimo l’assunzione di alimenti acidificanti ed equilibrare la nostra dieta quotidiana con alimenti alcalinizzanti, come ad esempio:
* Tutte le verdure crude commestibili (alcune possono sembrare acide al gusto, ma all’interno del corpo generano una reazione è alcalinizzante. Altre sono leggermente acide, tuttavia forniscono le basi necessarie per il corretto equilibrio). Occorre sempre tenere presente che le verdure crude producono ossigeno, quelle cotte no. E, parlando sempre di verdure, teniamo presente che è  la clorofilla, in una pianta, l’elemento maggiormente alcalinizzante, come del resto lo è il sangue per gli altri esseri viventi. Quindi, il consumo di alimenti con molta clorofilla, come ad esempio le insalate o l’aloe, è altamente raccomandabile.
* La frutta. Vale anche per questa l’esempio fatto sopra per le verdure (il limone ha un PH di circa 2,2, tuttavia, all’interno del corpo ha un effetto altamente alcalino, probabilmente il più potente di tutti). La frutta è, in genere, un’ottima fonte di ossigenazione dell’organismo.
* Alcuni semi, come ad esempio le mandorle, sono fortemente alcalini.
* I cereali integrali. Anche se dobbiamo tenere presente che l’unico cereale realmente alcalinizzante è il miglio. Tutti gli altri sono leggermente acidi, tuttavia, siccome la dieta ideale ha bisogno di una percentuale di acidità, è bene consumarne.
* Il miele, che è un alimento con grandi proprietà alcalinizzanti.
L’assunzione di molta acqua, preferibilmente di sorgente, è importante per la produzione di ossigeno. Conviene quindi sempre preferire l’assunzione di acqua, piuttosto che di bevande gassate in bottiglia o in lattina, che sono ricche di zuccheri e coloranti. Se proprio si vogliono consumare alcune di queste bevande, leggiamo sempre bene l’etichetta, e diffidiamo di quelle cosiddette “dietetiche”, che contengono quasi sempre Aspartame, una delle sostanze più tossiche in assoluto.
L’ideale, quindi, se vogliamo prevenire l’insorgenza di malattie tumorali, è avere una alimentazione equilibrata che sia per almeno il 60% alcalina piuttosto che acida, e non abusare del sale o evitarlo il più possibile. Stesso discorso per il fumo, da limitare il più possibile (se proprio non si riesce a smettere) e per le bevande alcoliche.
Intendiamoci: un buon bicchiere di vino (possibilmente di fattoria e senza solfiti), può avere anche degli effetti benefici e aiutarci a prevenire le malattie cardio-vascolari, ma non dobbiamo abusarne. Stesso discorso per la birra. Ma i superalcolici rappresentano una seria minaccia per l’equilibrio del nostro organismo.
Per coloro che sono malati di cancro, è assolutamente consigliabile, secondo il parere di molti esperti, l’adozione di una dieta che sia per almeno l’80% alcalina, eliminando tutti i prodotti e gli alimenti notoriamente più nocivi.
In ogni caso, vale sempre la buona regola secondo la quale è meglio prevenire che curare.
Il Dr. George W. Crile, di Cleveland, uno dei chirurghi più rispettati al mondo, ha apertamente dichiarato che “tutte le morti chiamate naturali non sono altro che il punto terminale di una saturazione di acidità nel corpo”.
Alla luce delle scoperte del Premio Nobel Otto Heirich Warburg, è assai difficile per il cancro possa colpire una persona che libera il corpo dagli acidi con una dieta alcalina, che aumenta il consumo di acqua pura e che evita i cibi che producono acido.
Il Dr. Theodore A. Baroody ha scritto nel suo libro Alcalinizzare o morire: “In realtà, non contano i nomi delle innumerevoli malattie Ciò che conta è che esse provengono tutte dalla stessa causa principale: la presenza di molte scorie acide nel’organismo”.
Un altro medico di fama, il Dr. Robert O. Young, ha affermato che: “L’eccesso di acidificazione nell’organismo è la causa di tutte le malattie degenerative. Se avviene una perturbazione dell’equilibrio e un corpo inizia a produrre e immagazzinare più acidità e rifiuti tossici di quelli che è in grado di eliminare, allora le malattie si manifestano”.
E la chemioterapia? La chemioterapia acidifica il corpo a tal punto che esso ricorre immediatamente alle proprie riserve alcaline per neutralizzarne l’acidità, sacrificando i minerali (calcio, magnesio e potassio) depositati nelle ossa, nei denti, nelle articolazioni, nelle unghie e nei capelli. Per questo motivo osserviamo tali alterazioni nelle persone che ricevono questo trattamento, in particolare la caduta dei capelli.Tumori della testa e del collo. Introduzione terapeutica nella conservazione della funzione d'organo
Ma niente di tutto questo viene descritto o raccontato perché l’industria del cancro (sì, perché di una vera industria si tratta) e la chemioterapia sono alcune delle attività più remunerative di quelle multinazionali farmaceutiche che si arricchiscono sulla nostra salute. E l’industria farmaceutica è, come ben sappiamo, strettamente connessa con quella alimentare.
Siccome, fra chi specula sulla nostra salute, vi sono molti detrattori delle scoperte che al Dr. Otto Heinrich Warburg valsero il Premio Nobel, subito pronti a scagliarsi (evidentemente perché pagati due lire dalle case farmaceutiche) contro ogni articolo che le menziona, definendole una “bufala” senza neanche prendersi la briga di leggerle o di comprenderle, allora io chiedo loro: da quando una sana alimentazione sarebbe per voi una “bufala”?

OLIO DI OLIVA

Cancro: l'olio di oliva lo previene e ne blocca la crescita

Sanihelp.it - L'olio di oliva giocherebbe un ruolo importante nella prevenzione e nella cura dei tumori. Lo ha rivelato Massimo Lopez, direttore del dipartimento di Oncologia dell’Istituto dei Tumori di Roma, membro del Comitato Scientifico della Human Health Foundation e autore del libro Cancro: conoscerlo per imparare a sconfiggerlo, presentato in questi giorni a Roma.

Lopez ha sottolineato come una dieta corretta aiuti a eliminare il 25% dei tumori e soprattutto l’utilizzo dell’olio di oliva sia un importante coadiuvante di alcuni processi che possono inibire l’insorgenza del cancro, oltre a essere di aiuto alla prevenzione. Poiché infatti nel 20% dei tumori alla mammella è espresso l’HER2, un recettore della crescita che stimola la cellula cancerosa a proliferare, è appurato come l’olio di oliva inibisca l’eccesso di questo ricettore.
Dal punto di vista terapeutico, inoltre, l’olio di oliva coadiuva l’azione del farmaco Herceptin che interferisce con il recettore HER2, bloccando la proliferazione del tumore della mammella.

L’uso dell’olio di oliva, per la presenza dell’acido oleico e della luteina, è fondamentale anche per la fluidificazione della membrana cellulare. Un condimento che, insieme al consumo di pesce e alla verdura, è un'arma importante per prevenire l’insorgenza dei tumori. Da combattere poi l’eccesso dei grassi, causa di un aumento dei tumori del cancro del colon, della mammella e della prostata.